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Sull’energia a rischio la solidarietà europea

5 Ottobre 2022 | Di |

In queste ultime settimane abbiamo capito i motivi dell’aumento dei costi dell’energia. Innanzitutto, ora è ben chiaro che questo fatidico TFT (Title Transfer Facility) di Amsterdam (Olanda) è una borsa dedicata al commercio all’ingrosso del gas e che guadagna sugli scambi; che questa borsa è gestita dall’Intercontinental Exchange (Ice), la società americana che controlla anche la borsa di New York; che, grazie all’aumento delle quotazioni del gas, l’Olanda ha visto crescere in breve tempo il suo surplus commerciale con l’estero e, di conseguenza, il suo peso in Europa.

Sempre recentemente, abbiamo scoperto che la Germania è una grande cliente della russa Gazprom, con contratti di fornitura che a giugno 2022 consentivano ai tedeschi di pagare un terzo di quanto era dovuto dall’Unione Europea, Italia compresa. Venerdì scorso, quella Germania che per la sua importante dipendenza dal gas di Mosca si oppone all’applicazione di un limite al prezzo “price cap”, ha messo sul piatto 200 miliardi di aiuti di Stato per imprese e cittadini. Certo, stiamo parlando di una nazione indubbiamente forte, locomotiva del Vecchio Continente grazie ai rifornimenti a costo ridotto e ai trattamenti di riguardo con prezzi del gas più bassi di quelli praticati agli altri Paesi, che vuole continuare a fare i propri comodi. Ora, visto il peso economico acquisito, i tedeschi possono pensare solo ai loro interessi, dimenticando che alla riunificazione delle due Germanie hanno contribuito con centinaia di miliardi di euro i Paesi europei che avrebbero successivamente costituito l’Unione monetaria. Italia compresa.

Fare parte dell’Unione Europea presuppone un principio di solidarietà tra i Paesi membri, in particolare nei momenti di difficoltà. Lo avremmo dovuto capire durante la pandemia, che l’unica soluzione è una politica condivisa. Ben ricordiamo, ancora, i veti agli aiuti all’Italia messi in campo dai Paesi cosiddetti “frugali” con in testa quell’Olanda che ora sta diventando ricca con il gas alle stelle.

È indecente assistere al tira e molla se mettere o meno un limite solo al prezzo del gas importato dalla Russia, oppure sentire di ipotesi di utilizzo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per mitigare i prezzi del gas, mentre questa situazione ormai insostenibile da mesi – non da giorni – sta falcidiando le aziende e impoverendo le famiglie. Se un’Europa deve esistere, questa Unione deve trovare una soluzione definitiva fissando un prezzo del gas unico per tutte le importazioni, partendo da quelle russe, ma anche per le forniture provenienti dagli Stati Uniti, piuttosto che dall’Egitto, dall’Algeria o da altri Paesi esportatori. Un “price cap” unico, che valga per tutte le importazioni e che sia finalmente indenne dalle speculazioni sui mercati finanziari collegati al TTF di Amsterdam. Dell’Europa dei “furbetti” ne abbiamo piene le tasche.

di Antonio Paoletti